Mareno di Piave

MARENO DI PIAVE

Squarcio di cielo con girotondo di sguardi

Conegliano non ha dato i natali soltanto al grande Giovan Battista Cima. Forse proprio in quel 1492, mentre l’esimio pittore si accinge ad abbozzare la monumentale Sacra Conversazione per la chiesa di Santa Maria dei Battuti nella sua città d’origine, viene alla luce Francesco Beccaruzzi. Chissà questo fanciullo, custode anch’esso di un talento, quanto guarderà a quel dipinto monumentale, popolato di santi, dall’intenso profumo veneziano, centrato dall’alto trono con Maria e suo Figlio.

 

Non ci è dato conoscere nulla della sua formazione. Tuttavia, è evidente che quando Francesco dipinge i tempi sono cambiati. Ed ecco che, piuttosto dei modi del Cima, egli si muove sulla scia delle novità apportate in pittura dalla lezione di Tiziano. Di sicuro, lavora presso cappella Malchiostro a Treviso, città di adozione, e collabora con il Pordenone. Lavora in società con un altro pittore, Ludovico Fiumicelli, ed è talmente acclamata la sua fama di artista da esser chiamato nel 1534 come perito per la valutazione della pala di Francesco da Milano nella chiesa parrocchiale di Soligo. Ama i paesaggi, ma anche il ritratto, in particolare dagli anni Trenta in poi. E’ un instancabile osservatore Francesco. Ed è un artista maturo quando, intorno al 1545, dipinge quest’opera per la chiesa parrocchiale di Mareno di Piave. E’ l’epoca di un’altra prestigiosa commissione: la pala dell’Assunzione della Vergine per il duomo di Valdobbiadene. Con la sua tavolozza brillante e precisa, orchestra in modo originale suggestioni le più diverse, raccolte dalla sua ampia cultura figurativa. Crea così sensazioni visive, epidermiche, sonore:…brezza mattutina…svolazzare di ali…cori celesti…tintinnare di chiavi…parole bisbigliate…

 

E’ un’immagine sacra da ascoltare. In silenzio. Il movimento che la anima si fa così narrazione.

E’ l’alba. Un fresco biancore pervade il paesaggio. Sfondo reale e abitato in cui il divino si manifesta. In cielo, schiere di cherubini infuocati di luce accompagnano Maria e il Bambino. Angeli, come pagetti, sostengono la corona regale e il manto di lei. Saldi a terra si ergono i sei santi. I volti sono fortemente caratterizzati, le vesti descritte con cura. Paiono conversare, a due a due: Giovanni Battista si rivolge a Caterina, Paolo a Sebastiano, Rocco scruta Pietro che, come in un passo di danza, compie una torsione, pronto per la solenne consegna che Gesù gli ha riservato. Il suo incedere con il braccio destro alzato accompagna il nostro occhio verso l’alto. Come non riconoscere un tributo a Tiziano (per l’impostazione generale e Sebastiano, chiesa di san Nicolò della Lattuga di Venezia), a Palma il Vecchio (per Paolo), al Savoldo (per Rocco).

 

Questa pala quadrangolare oggi è priva del suo altare. La si vede in alto, al di sopra dell’organo. Ma andrebbe gustata da vicino, immaginata in quel piccolo edificio affrescato di cui la porzione sinistra dell’aula ancora ci suggerisce dimensione e finitura.

 

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Cerchiamo Francesco Beccaruzzi:

  • … nel duomo di Valdobbiadene
  • … nel duomo di Conegliano
  • … nell’arcipretale di Farra di Soligo
  • … nel santuario della Madonna delle Grazie a Conegliano

 

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