GODEGA
L’oratorio di Sant’Urbano del Campardo. Una finestra sul Paradiso
Chiesa arcipretale di San Giovanni Battista a San Fior. Polittico di Cima da Conegliano. Ai lati del Battista sono raggruppati otto santi. Richiamano i titolari delle chiese figlie di quest’antica pieve: a figura intera, per le parrocchiali, a mezzobusto per le semplici cappelle. In alto a sinistra, ecco papa Urbano I, con il triregno e la croce astile. Allude a Sant’Urbano del Campardo.
Questo piccolo edificio sacro è documentato come oratorio campestre già nel XII secolo. Verso la fine del Duecento, un ignoto frescante ne decora la zona absidale. Con pochi pigmenti – bianco di calce, ocre e azzurrite – apre una finestra sul Paradiso. Ecco cosa pregustavano i fedeli guardando al ciclo pittorico che ammantava questo spazio liturgico. Nel tempo, una porzione del catino originale è crollata. Oggi, la ricchezza di colori e di personaggi sopravvive soltanto in forma frammentaria e si affida in parte alla nostra immaginazione! Si percepisce ancora la presenza di cinque figure, di cui si leggono l’orlo della veste e le calzature. Sfrenatamente eleganti! Al centro, Cristo in trono – nell’iconografia cosiddetta della Maestà – affiancato con ogni probabilità dagli evangelisti, disposti a due a due. Più in basso, un nastro riporta i nomi dei dodici apostoli. Ed eccoli, come su un palchetto, mentre assistono in piedi alla visione e discutono tra di loro con sorprendente vividezza. Recano ciascuno un libro tra le mani. Contiene la Parola che ognuno di loro è chiamato a diffondere dando avvio alla prima evangelizzazione. Ma al momento quel libro è chiuso. Non serve. Cristo è presente. In lui, la Parola si è fatta carne. Sull’arco trionfale, a sinistra Giovanni Battista lo indica. A destra, l’Arcangelo Michele pesa le anime, assiepate dentro i piattelli di una bilancia: a ricordare che l’uomo è libero di scegliere.
Questa chiesa ha una sorella, anzi, una gemella. Somiglianza fisica che sottende ad una storia in parte affine. E’ la chiesa di San Giorgio martire a Manzana di Formeniga, in comune di Vittorio Veneto. Non in pianura stavolta, ma su un’altura, in posizione strategica rispetto al territorio circostante, come una sentinella. Ebbene, anche all’interno di questo antichissimo edificio sacro, ha lavorato un ignoto frescante, molto vicino a quello che operò a Sant’Urbano. Anche lui un artista itinerante, specialista della cosiddetta “pittura presta”, una tecnica molto veloce di pittura su scialbo. La parete veniva imbiancata con la calce e il soggetto delineato lasciando in parte visibile il bianco di fondo. Si sfruttava così la sua luminosità per dare risalto ai colori.
Ma torniamo alla chiesa di Sant’Urbano del Campardo. Il recente restauro ha rimesso in luce altre decorazioni che stavolta riguardano l’aula. Raccontano di un rinnovamento radicale dello spazio interno, avvenuto intorno al 1681. Colonne ed archi in marmo rosso ritmano una finta architettura tardobarocca. Mazzi di fiori sgargianti qua e là infondono freschezza alla composizione e preludono alla solenne ghirlanda in controfacciata, entro cui campeggia lo stemma del patriarca Alvise Sagredo.
Il recente recupero di questo patrimonio di bellezza ha valore di civiltà, per la popolazione locale ma, nel contempo, per l’umanità tutta. Dal 25 maggio 2014, festa di Sant’Urbano, il piccolo edificio ha ripreso a vivere. Oggi sconsacrato, ospita una sala per conferenze e concerti. Abitarlo significa vivere dentro la storia.
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I dodici inviati: immagini degli Apostoli:
- Guido Cadorin nella parrocchiale di Moriago
- La pieve di San Pietro di Feletto
- Carlo Donati e Giuseppe Modolo nell’arcipretale di Sernaglia
- L’oratorio di San Giorgio a Manzana, Vittorio Veneto
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