Godega Sant’Urbano

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L’oratorio di Sant’Urbano del Campardo. Una finestra sul Paradiso

 

Verso la fine del Duecento, un ignoto frescante raggiunge l’oratorio di Sant’Urbano del Campardo. Con pochi pigmenti – bianco di calce, ocre e azzurrite – apre una finestra sul Paradiso. Ecco cosa pregustavano i fedeli guardando al ciclo pittorico che ammanta questa piccola abside. Anche se oggi tutta questa ricchezza di colori e di sunti teologici sopravvive soltanto in forma frammentaria e si affida in parte alla nostra immaginazione!

 

Il catino dell’abside infatti è in parte crollato ed oggi ricostruito. Ma si percepisce la presenza di cinque figure, di cui si leggono l’orlo della veste e le calzature. Sfrenatamente eleganti! Sono identificabili come Cristo in trono al centro – nella iconografia cosiddetta dalla Maestà – attorniato con ogni probabilità dagli evangelisti, a due a due. Più in basso, come su di un palchetto, gli apostoli sono impegnati a discutere tra loro con sorprendente vividezza. Sull’arco trionfale, a sinistra Giovanni Battista indica l’Agnello. A destra, l’Arcangelo Michele pesa le anime, assiepate dentro i piattelli di una bilancia.

 

Questa chiesa ha una sorella, anzi, una gemella. Questo dice di una somiglianza fisica ma anche di una storia comune. Si tratta della chiesa di San Giorgio martire a Manzana di Formeniga, in comune di Vittorio Veneto. Non in pianura stavolta, ma su un’altura, in posizione strategica rispetto al territorio circostante, una sorta di sentinella. Ebbene, anche all’interno di questo antichissimo edificio sacro, ha lavorato un ignoto frescante, della medesima natura di quello di Sant’Urbano, uno specialista della cosiddetta “pittura presta”, vale a dire un artista itinerante che giungeva sul posto a seguito di una commissione e realizzava cicli di dipinti murali con una tecnica molto veloce che potremmo definire a mezzo fresco.

 

Tornando alla chiesa di Sant’Urbano del Campardo, il recente restauro ha rimesso in luce altre decorazioni parietali. Siamo verso la seconda metà del Seicento e questo luogo era ancora cruciale se il patriarca Alvise Sagredo fa dipingere il suo stemma in controfacciata entro il timpano curvilineo di un grandioso portale a trompe l’oeil. Si tratta di un impianto tardobarocco di grande qualità, realizzato con delicate e veloci pennellate liquide di colori caldi ed eleganti. La recente scoperta di questo patrimonio di bellezza ha valore di civiltà, per la popolazione locale ma, nel contempo, per l’umanità tutta. E’ stata recuperata una chiesa importante. Filiale di San Fior. Ecco il motivo della presenza di papa Urbano I tra i santi dipinti da Cima da Conegliano nel polittico di quell’antica pieve. Dal 25 maggio 2014, il piccolo edificio, oggi sconsacrato, ospita una sala per conferenze e concerti. Abitarlo significa vivere dentro la storia.

 

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