Cordignano

CORDIGNANO

Un monumentale altare ligneo per una piccola, veneratissima immagine mariana

 

La chiesa arcipretale di Cordignano ha una forma inconfondibile: una navata unica, affiancata da due corpi laterali a pianta centrale. Così sovradimensionati da sembrare edifici a sé stanti. All’interno, le due cappelle appaiono davvero maestose. Quella di sinistra è dedicata a San Francesco d’Assisi e conserva un monumentale altare ligneo seicentesco, finemente scolpito e intagliato. Lo completa una tela, sempre seicentesca, con Crocifissione e santi. Ma questo non è il suo assetto originale. E originale non è nemmeno la dedicazione.

 

Per ricostruirne la storia, ci vengono in aiuto due preziose fonti: una fotografia del 1951 e un documento, datato 8 dicembre 1647. Partiamo dalla fotografia. Un bianco e nero in cui si scorge l’altare. E’ curioso: al centro del dossale, non compare il dipinto con la Crocifissione e santi, bensì una piccola teca, nuvole dipinte che le fanno da cornice e una cordicella che scende dall’alto. Di cosa si tratta? Basta recarsi oggi all’interno della cappella del Rosario per scovare quella stessa teca. E’ in legno dorato e custodisce una piccola immagine. Un pezzetto di tela rettangolare, alto poco più di otto centimetri, su cui è ricavata a stampa la Vergine incoronata con Gesù Bambino in braccio. Ha l’aspetto di uno scapolare, o meglio, di una parte di scapolare. Un oggetto caratteristico dei Carmelitani, segno inconfondibile della devozione a Maria, che veniva consegnato ai laici associati all’ordine e radunati in Confraternite. Si presenta come una collana formata da due immagini sacre rettangolari tenute insieme mediante cordelle, da indossare al di sotto degli indumenti.

 

Ma da dove proviene la prodigiosa effigie di Cordignano? Secondo la tradizione, nel 1641, un certo Paolin De Pol di Ponte della Muda l’avrebbe ricevuta in dono da un frate, in occasione di un pellegrinaggio presso un santuario dedicato alla Madonna del Carmine. Rivelatasi miracolosa, venne posta in un’edicola dove un gran numero di pellegrini la venerava e faceva offerte in denaro. La devozione crebbe a tal punto che l’8 aprile 1643, l’immagine venne trasferita definitivamente nella chiesa di Cordignano, con la costruzione di un’apposita cappella e la costituzione della Confraternita della Beatissima Vergine del Carmine.

 

Ed ecco il documento dell’8 dicembre 1647. E’ un contratto che la Confraternita stipula con la rinomata bottega dei Ghirlanduzzi, scultori di Ceneda, rappresentata da Giambattista e dal fratello AndreaSi intende erigere un altare dedicato alla Madonna del Carmine per custodire l’immagine mariana. Con dovizia di particolari, vengono elencati i requisiti principali dell’opera: le misure – monumentali -, la scelta dell’essenza lignea – il cirmolo -, il numero degli angeli da scolpire e la loro funzione, il prezzo, le modalità di pagamento, del trasporto e della messa in opera del manufatto. A questa bottega si deve senza dubbio anche la teca in legno dorato che ancor oggi contiene l’immagine. Ne risulta una macchina compositiva complessa e dinamica, di gusto barocco, dove elementi architettonici, tralci di vite, festoni di frutta e fogliame, angeli e profeti convivono armoniosamente. E a ben vedere, dietro l’altare, quella cornice-contenitore con nuvole dipinte esiste ancora e così il sistema di carrucole e cordicelle. Un grande, raffinato palcoscenico, con tanto di sipario, per custodire questa piccola, veneratissima immagine mariana!

 

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