San Vendemiano

SAN VENDEMIANO

Miracolo a Lisbona. La pittura di Giovanni Marchesi


Lisbona. Sotto un portico ad archi moreschi sta avvenendo un miracolo. 
Sant’Antonio di Padova ha appena resuscitato un giovane. Della sua morte è accusato il Cavaliere Martino Buglioni, padre del santo. Ingiustamente. Solo il malcapitato può scagionarlo e mettere in luce la verità. I personaggi hanno gesti eloquenti. Il giudice, incredulo, strabuzza gli occhi; il vero colpevole, smascherato, sembra voler scappare. Antonio, poderoso, rivestito della sua stessa grandezza morale, interroga il redivivo e gli indica il padre. Quest’ultimo è una figura di rara bellezza, gravata dai pesanti ceppi e dall’ingiusta accusa. In basso, il giovane, ancora riverso nel sepolcro, sta proferendo parola. E, tra un istante, le guardie armate, assiepate sullo sfondo, sapranno con certezza chi arrestare. 

 

Questo pregevole dipinto giunge a San Vendemiano nel 1834. La nuova parrocchiale è stata consacrata dieci anni prima e serviva un’immagine di grido per onorare sant’Antonio di Padova presso l’altare laterale che gli è stato intitolato. L’autore è il trentenne Giovanni Marchesi. Figlio di contadini della Val di Non, egli vive da tempo a Venezia, dove ha frequentato l’Accademia di Belle Arti. Il suo genio ha trovato nutrimento nella pittura di Paolo Veronese, di Giambattista Tiepolo, del contemporaneo Francesco Hayez

 

Il suo pennello è intriso di luce, gronda di colore. Le atmosfere sono liquide, generose di gradazioni e di accostamenti inaspettati. Con la sua abilità di fine ritrattista, il pittore trentino concepisce figure fortemente caratterizzate e concrete. Per la pala di San Vendemiano, riceve l’incarico scritto e un acconto di 918,15 lire, a cui risponde con una lettera per assicurare tutta la diligenza affinché il suo lavoro possa produrre “buon effetto” e “meritare compatimento”. Fornisce ben presto uno Studio preparatorio, realizzato a penna, bistro e acquerello su carta. E’ un prezioso documento che oggi ci permette di comprendere l’evoluzione che ha portato all’opera finale. Nel dipinto, rispetto al bozzetto, il Santo e il padre sono posti in maggiore evidenza e la candida mano destra di Antonio che indica l’imputato diviene perno dell’intera composizione; l’anziano padre assume una fisionomia nuova: nell’opera finale, la veste sfrenatamente raffinata fa da contrappunto al suo aspetto canuto e dimesso, un tributo al Tiepolo ma anche alla pala dal medesimo soggetto, realizzata poc’anzi per la cattedrale di Treviso da un coetaneo del Marchesi: il pittore Giuseppe Murani.

 

Nell’opera finale, inoltre, il giovane resuscitato occupa uno spazio più arioso e isolato. Per questa figura, il pittore aveva eseguito un altro studio per il dettaglio del volto di profilo e della postura. Ma sceglierà infine di rappresentarlo di spalle. La fonte agiografica a cui si ispira il dipinto, forse suggerita dalla committenza stessa, è la Vita del taumaturgo portoghese Sant’Antonio di Padova di Manuel de Azevedo, stampata a Venezia nel 1818 nella sua quarta edizione. Ecco come lo scrittore descrive l’evento miracoloso: “Giunti dove giaceva l’ucciso, comanda Antonio che sia scoperto il fradicio cadavere, e intrepido ad alta voce lo chiama ed in nome di Dio lo scongiura che attesti ai giudici ivi presenti, se Martino de’ Buglioni sia stato il suo uccisore. Allo scongiuro s’alza il cadavere in atteggiamento di semigiacente, appoggiato a terra con una mano e l’altra stendendo allo in su, e qual uomo vivo risponde con voce sonora e da tutti intesa che Martino de’ Buglioni non è stato il suo uccisore”.

 

Giovanni Marchesi morirà di lì a poco, nel 1935, per un destino infausto che lo accomuna a numerosi altri giovani artisti trentini nella prima metà dell’Ottocento. Riposa nel cimitero di San Michele a Venezia. La pala di San Vendemiano è un segno eloquente del suo calibro, la promessa non mantenuta di un brillante futuro.

 

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