SUSEGANA
Un’opera di grido per raccontare il sacro. Il Pordenone a Susegana
Il cielo di un azzurro intenso. Gonfie nubi a cumulo irrorate di luce. Un brandello di prato fiorito. La natura prorompe in quest’immagine. Accoglie e avvolge un evento solenne: la Madonna, il suo Bambino e quattro santi, colti nel bel mezzo di una conversazione all’aria aperta.E a ben vedere, la natura si è già impossessata anche dell’opera dell’uomo. Ecco che, sull’architettura a emiciclo che fa da fondale, stanno crescendo arbusti fronzuti. I materiali presenti offrono sensazioni tattili. Si percepisce il freddo della pietra, laddove si fa edificio o pavimento o gradino di trono. E così pure il calore del legno, in quel ramo reciso, lavorato da Giovanni Battista per farne una croce astile, nella ruota spezzata trattenuta da Caterina d’Alessandria, e ancora, nel liuto che l’angelo sta accordando per allietare i convenuti con la musica. I quattro santi sono salde colonne in carne ed ossa. I corpi avvolti in abbondanti tessuti dai colori sgargianti. I volti fortemente caratterizzati. I piedi vigorosi.
Al Battista fa da specchio Pietro, a Caterina il profeta Daniele. Quest’ultimo è una figura chiave. Tra tutti è il personaggio più antico. E’ accompagnato da un leone, a ricordo della fossa in cui venne imprigionato da Dario, il re dei persiani. Su ispirazione divina, 500 anni prima dell’incarnazione di Cristo, Daniele ne aveva annunciato la portata rivoluzionaria: dalle rovine di un mondo finito per sempre sarebbe sorta la Chiesa, splendente. Ne è simbolo questo monumentale colonnato, in una lettura da destra a sinistra, dal buio alla luce, a partire dall’indice alzato di Daniele fino a quello del Battista che orienta il nostro sguardo verso la Vergine e il suo Bambino. Gesù sgambetta tra le braccia di Maria e ne trattiene il velo con la manina sinistra. Madre e figlio hanno capelli fulvi e incarnati di madreperla. Alla vitalità del piccolo fa da contrappunto lo sguardo mesto di Lei che custodisce nel suo cuore questo grande mistero.
Un cartiglio riporta la firma dell’artista: Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone. Quando dipinge questa pala, probabilmente intorno al 1514, egli è già un grande maestro. Ponte tra Venezia, il Friuli e l’Italia centrale. Tra la lezione di Giorgione e quella di Michelangelo e Raffaello. Tra potenza del colore e vigore anatomico. Capace regista di ampi spazi, affollati di moltitudini di personaggi, il Pordenone è cresciuto e si è formato in ambito provinciale, ma il suo talento gli assicura importanti commissioni: dall’Umbria alla Lombardia, dall’Emilia alla Liguria, a contatto con linguaggi artistici diversi.
A Susegana, l’incarico gli viene affidato dai conti di Collalto, signori indiscussi di questo territorio, impegnati a celebrare la loro presenza mediante interventi artistici di spessore. Per loro, il Pordenone sta affrescando la chiesa del vicino Castello di San Salvatore, con il suo immancabile furore creativo.
La realizzazione della pala per l’altare maggiore completa il progetto di rifacimento e di abbellimento dell’antica pieve di Santa Maria. L’operazione spetta proprio ai Collalto, che di questa chiesa hanno all’epoca il giuspatronato. E il legame con la nobile famiglia comitale caratterizza fortemente il dipinto. I due santi sulla sinistra rimandano a Giovanni Battista I di Collalto e alla moglie Caterina Trissino, genitori di Giovanni Antonio, probabile committente dell’opera.
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I dipinti su tavola:
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